Segnali dal futuro con Nicolas Cage. Film da perdere assolutamente. RESTATE A CASA !

  

Il film sconsigliato segnali dal futuro con Nicolas Cage.

Prologo:
State guardando perplessi e annoiati il soffitto. Vi voltate, sbuffando; la vostra attenzione si ferma sul giornale piegato malamente alla pagina degli spettacoli. Una locandina in bianco e nero vi fa l’occhiolino. Repentina e arrogante si fa largo l’idea del giorno: «Vado al cinema!». Allora, in preda ad un delirio mistico, agguantate quel quotidiano e cominciate a scorrere, famelici, i titoli dei film. Ma le stelle si allineano subito in modo perfetto: la locandina, quella locandina, vi promette "Segnali dal futuro". Il cerchio si chiude, il destino ha scelto la sua strada.

Azione:
Le luci scendono e la sala si fa buia.

Provincia americana, anno 1959. In una scuola elementare, gli insegnanti chiedono ai loro giovani studenti di immaginare il futuro e disegnarlo: i loro lavori saranno custoditi in una capsula del tempo per cinquant’anni e poi consegnati ai loro "futuri" coetanei. Passa mezzo secolo e finalmente il contenuto della capsula viene consegnato ai legittimi destinatari: tra tutti il più enigmatico - un foglio fitto di numeri scritto da Lucinda una altrettanto enigmatica e misteriosa ragazzina - finisce nelle mani del giovane Caleb Koestler.

Breve digressione:
Secondo la bibbia Caleb, fu uno dei due ebrei, assieme a Giosuè, ad attraversare il mar Rosso e a vedere, dopo lunghi anni, il compimento della parola di Dio, ossia entrare nella terra promessa.

Che c’entra questo? C’entra, c’entra...

Il padre di Caleb, il professore di astrofisica John Koestler (il mono espressivo Nicholas Cage), scopre che quella serie di cifre indica il giorno, il mese, l’anno, il numero di vittime e le coordinate GPS (!) di tutti i disastri verificatisi negli ultimi 50 anni e che, l'ultima di queste - 10192009EE dove EE sta per "everyone else", tutti gli altri - annuncerebbe per il 19 ottobre 2009 – udite udite - la fine del mondo!

Non voglio annoiarvi più di quanto il regista Alex Proyas (quanto sono lontani i fasti de "Il corvo"...) abbia fatto con me e allora tiriamo velocemente le somme: la sceneggiatura è per lo meno frammentaria; i dialoghi, spesso banali, virano verso l’aridità di un certo insopportabile teatro sperimentale; la regia finisce per essere talmente bloccata da ricordare in alcune inquadrature le strip dei fumetti Marvel o Dc Comics degli anni ’50; non si salva nemmeno il commento musicale, accademico e ridondante.

E poi uno spruzzo di horror gotico, religione, fantascienza, un tocco di undicisettembrismo sempre attuale, delle tracce di new age, e chi più ne ha più ne metta. Menzione d’onore per gli alieni (eh si, ci sono anche gli alieni) che se non lo sono, ricordano molto da vicino i Rammstein, la band industrial-rock-techno-gothic tedesca.

Passiamo direttamente al finale.
Delle astronavi (che ricordano i cristalli del pianeta Krypton in Superman I) lasciano la terra prima della fine e... No, davvero non posso. Ve lo devo risparmiare; non fosse altro perché magari qualcuno si lascia irretire dal trailer e, giustamente, non si fida di me.

Epilogo:
State guardando perplessi e annoiati il soffitto? Vi voltate, sbuffando? la vostra attenzione si ferma sul giornale piegato malamente alla pagina delle previsioni astrologiche:

Toro: Mettete da parte tutti i vostri deliri mistici, il vostro senso di onnipotenza, l’allineamento degli astri: qualcuno ha avuto quella visione prima di voi, i "segnali dal futuro" non sono davvero un granché; a volte guardare il soffitto può rivelarsi un piacevole impegno pomeridiano, lo svago migliore per la vostra mente in tumulto. La luna consiglia: statevene a casa!


   

  
  


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Escursione alla Valle delle Prigioni e Monte Cucco.

  

Con il solito, simpatico gruppo di montanari, alcuni indigeni ed altri emigrati ma comunque affezionati ai luoghi stupendi dai quali tutti noi proveniamo, abbiamo osato, in una calda estate di qualche anno fa, attraversare la famigerata Valle delle Prigioni.

La sera precedente prendemmo accordi circa l'orario della partenza, l'itinerario da percorrere, e dopo aver scrutato il cielo alla ricerca dei segnali meteorologici propizi, ci demmo la buona notte.

Alle sei del mattino successivo, ci preparammo per la grande giornata, avevamo intenzione di fare un giro incredibile, volevamo arrivare a Monte Cucco passando dalla Valle delle Prigioni. Mai avevamo osato tanto, ma l’entusiasmo era alle stelle e così riempimmo i nostri zaini ed iniziammo la marcia.

Partimmo da San Felice passando per Le Case, una parte della frazione da cui si origina un sentiero leggermente in discesa, che via via diventa più scosceso e ripido, attraversando la fitta boscaglia e già cominciammo a trovare le prime difficoltà. Da qualche giorno, infatti, pioveva a scrosci, durante la giornata, poi tornava il sereno, ma nell'intrico del sottobosco stentano a passare i raggi del sole e di conseguenza ne uscimmo fuori fradici dalla vita in giù.

Tra noi c'era il più esperto, il solito uccello del malaugurio, dicevamo, che non dimenticava mai di mettere nel suo zaino l'ombrello, anche se il cielo era perfettamente terso e il Bernacca di turno aveva previsto bel tempo fino al Natale successivo.

Scendemmo fino al Sasso, dopo l'abitato di Perticano, c'è il sentiero che comincia a risalire per andare su fino all'Eremo di Monte Cucco (anche noto come Eremo di San Girolamo), ma noi facciamo una deviazione che ci porta ad un altro sentiero meno mistico ma molto più impegnativo.

Eremo di San Girolamo, detto anche eremo di Monte Cucco.

In basso si sentono le acque del Rio Freddo che gorgogliano saltellando sui massi e con il nostro passo da montanaro esperto, proseguimmo il cammino. In quella occasione la compagnia fu particolarmente eterogenea, poiché il gruppo comprendeva la presenza davvero speciale ed insolita di un nostro compaesano ormai trapiantato in Canada da moltissimi anni.

Era mio coetaneo, compagno di scuola e di giuochi, fin dalla più tenera età, ma un giorno lasciò tutto e raggiunse i suoi parenti nel nuovo continente; per molto tempo ebbi di lui soltanto notizie di seconda mano.

Ma quell’anno era in vacanza e volle partecipare con noi a questa straordinaria escursione.

Comunque, arrivati ad un certo punto del percorso, la cosa si faceva interessante e anche scomoda perché bisognava passare dentro una ex condotta dell'acqua, carponi, con gli zaini in spalla che ci impedivano di avanzare agevolmente a causa della grandezza del tubo, piuttosto angusto, con il suo diametro di poco meno di un metro.

Avevamo come compagno anche un cane che, passando in fila indiana nel tubo, agitando la coda, sembrava voler scacciare le mosche al fortunato che seguiva. Non vi posso descrivere quante risate a crepapelle, chi soffriva di claustrofobia spingeva il gruppo ma con quel groviglio di gambe, zaini, code di cani e bastoni, non se ne veniva a capo.

Finalmente superammo anche questo ostacolo e si aprì ai nostri occhi uno scenario spettacolare, passammo in un tratto sempre costeggiando il fiume, con rocce e spaccature della montagna da sembrare un paesaggio veramente insolito per quei luoghi dalla fitta vegetazione.

Naturalmente il solito, non posso fare nomi ma c'era sempre, l'affamato che doveva fare la seconda colazione, tirò fuori dallo zaino il panino e cominciò il suo spuntino bevendo l'acqua fresca offerta dalla natura.

Proseguimmo il cammino in salita, e cominciammo ad avere la visuale più ampia, eravamo in una zona in cui c’erano uomini e cavalli, che trasportavano la legna.

Poco più avanti trovammo un grande fontanile chiamato Acqua Passera, un grande abbeveratoio ristoratore per mandrie e viandanti come noi e lì naturalmente ci scappò un altro spuntino, innaffiato, si fa per dire con le fresche acque del Pian delle Macinare.

Arrivati in questo grande spiazzo il cammino diventò per poco più agevole ed allora, con più fiato a disposizione, potevamo permetterci di scherzare prendendo in giro questo o quell’altro montanaro, ma ben presto dovemmo riprendere i piccoli sentieri ora in salita ora in discesa e risparmiammo il fiato.

Finalmente qualcuno disse: quando ci fermiamo a mangiare? Non ce lo facemmo dire due volte: posammo a terra i nostri zaini e, dopo esserci seduti, timidamente spuntò un panino qua, un pomodoro là, (c'era sempre chi stava a dieta) ma quello che più ci stupì fu il nostro montanaro più anziano, a suo dire irrimediabilmente astemio, che tirò fuori come per magia, la bottiglietta del vino rosso.

Eravamo seduti a conversare e a mangiare il nostro poco lauto pasto quando il “montanaro” disse guardando il cielo: "via, andiamo presto che tra poco piove!".

Guardammo il cielo e poi il livello del liquido scuro nella bottiglia e ci venne il dubbio che avesse esagerato con il vino, data la sua astinenza decennale.

Ma lui insistette e siccome noi eravamo rispettosi dell’esperienza e dell’età, di malavoglia rinfoderammo le nostre vettovaglie e ci rimettemmo in cammino. Non avemmo neanche il tempo di verificare se qualcuno aveva portato il barattolo della marmellata che tanto ci rinfrancava a fine pasto.

Incontrammo appassionati di deltaplano che preparavano i loro velivoli ma dovemmo proseguire velocemente perché, secondo il nostro anziano, di lì a poco poteva venire il temporale.

A questo punto, sulla strada che ci avrebbe portato a Monte Cucco, cominciammo a sentire il rumore preoccupante del tuono, accelerammo il passo e cominciammo ad essere colpiti dalle gocce di pioggia.

Il nostro meteorologo con fare disinvolto tirò fuori dallo zaino l'ombrello e cominciammo a correre per raggiungere al più presto la Val di Ranco, dove avremmo trovato riparo all'interno di uno dei due ristoranti del luogo.

Qualcuno improvvisò un copricapo con buste di plastica, qualcun altro fingendo di parlare di argomenti importanti si mise sotto braccio all'unico possessore del prezioso parapioggia, qualcun altro si inzuppò come un pulcino.

E tutti, alla fine, arrivammo alla meta, ridendo a crepapelle per come ci eravamo ridotti. Ci fermammo per un momento davanti alla porta del ristorante, preoccupati di dover entrare grondanti acqua e con l'aspetto da disperati, ma avevamo necessità di asciugarci e riassumere un minimo di parvenza umana.

Valle delle prigioni, fotografie del percorso.

La sala del ristorante era gremita di avventori e turisti e, al nostro ingresso sgranarono tanto d'occhi e smisero di mangiare. Ci azzardammo ad attraversare la sala sotto gli sguardi incuriositi e impietositi dei clienti, per dirigerci verso i bagni e, cominciò tra di noi la trattativa sul vestiario di scorta che qualcuno più previdente si era premurato di infilare nello zaino.

Valle delle prigioni, fotografie del percorso.

Riuscii a rimediare un paio di bermuda maschili di tre taglie più grandi ma furono ben accetti, per l'operazione di spoglio e vestizione però, impiegammo molto tempo perché tutto questo avvenne con grande gaudio e risate, tanto da non riuscire a stare in piedi, soprattutto quando il nostro canadese ci comunicò bellamente che sarebbe entrato nella sala del ristorante per chiedere ai commensali se qualcuno gli avrebbe venduto un paio di jeans.

Questi italo-americani!

Riuscimmo a dissuaderlo e ci recammo al bar per sollazzarci con qualcosa di caldo che ci desse un po’ di sollievo, ma dopo il caffè, più o meno corretto, passammo alla correzione pura e, dulcis in fundo, la bottiglia di prosecco per brindare alla nostra prodezza.

Eravamo stanchi, concitati e zuppi ma ci risollevammo e riprendemmo la via del ritorno. Il percorso proseguiva per un tratto a ritroso, ma poi dovemmo deviare per arrivare in cima a Lospicchio, altra sommità panoramica degna di nota.

Raggiunta la cima, ci sedemmo per un’altra sosta, prima di riprendere l'ultimo tratto che ci avrebbe ricondotti alle nostre case e, controllando gli zaini, ci accorgemmo che qualcuno era ancora in possesso di qualche biscotto o tozzo di pane. Ma, cosa ancor più incredibile, c'era lei, la tanto desiderata marmellata, da consumare obbligatoriamente con le dita, infilandole a turno, nel barattolo.

Valle delle prigioni, fotografie del percorso.

Questo ci convinse in modo definitivo che la nostra giornata si era conclusa felicemente e, cantando e scherzando, riprendemmo la strada del ritorno.

Negli anni che seguirono tornammo "dal prigioniero" come dicevamo tra noi, ma il ricordo di quella giornata rimane senz'altro indelebile ed insostituibile per tutti noi.


   

  
  


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Ricetta per coda alla vaccinara.

  

Ricetta per coda alla vaccinara, ingredienti e preparazione.

 

Quello che vado a presentare oggi non è un piatto prettamente estivo, ma per gli appassionati di tradizione in cucina, non può mancare la ricetta per la coda alla vaccinara.

 

Ingredienti per 4 persone per la coda alla vaccinara

  • una coda di circa un chilo (di manzo o vitello)
  • due etti di sedano bianco
  • due etti di polpa di pomodoro
  • un etto di pancetta magra
  • una carota
  • una cipolla
  • una foglia di lauro
  • vino bianco
  • sale e peperoncino o pepe

Preparazione della coda alla vaccinara

 

Tagliare la coda a pezzi e metterla a cuocere in acqua salata bollente per circa un'ora, schiumare di tanto in tanto, aggiungere la mezza carota, mezza cipolla, la foglia lauro e una costa di sedano.

Tritare la pancetta e metterla con la rimanente cipolla e carota tritate, in una casseruola, unirvi la coda una volta scolata dall'acqua e farla rosolare per una decina di minuti. Bagnare con mezzo bicchiere di vino e farlo evaporare completamente, quindi aggiungere il pomodoro, salare e pepare. Coprire e cuocere per circa due ore a fuoco moderato, aggiungendo all'occorrenza, del brodo caldo.

Tagliare il sedano a pezzi e scottarlo per una decina di minuti in acqua bollente salata, scolarlo e aggiungerlo alla coda circa mezz'ora prima del termine della cottura. Se non fossero sufficienti due ore di cottura proseguire ancora controllando con una forchetta, (se la coda è di un animale adulto potrebbe essere necessario).

Per chi non ama il sedano a pezzi, questo si può passare al passaverdure formando così una salsa densa.

E' una delle ricette migliori che permette di servire un piatto tradizionale e che può anche essere accompagnato da riso basmati lesso.

Mammut


   

  
  


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SERPICO, Servizi per i contribuenti, e il fisco spia i conti correnti degli italiani?

  

Serpico, acronimo di Servizi per i Contribuenti, è un'applicazione della Sogei per controllare i conti degli italiani. Sogei è una società di informatica passata da Telecom Italia al Ministero dell'Economia nel 2002. Le informazioni che ci riguardano saranno contenute in un milione di miliardi di byte di memoria. Duemila server che gestiscono 22.000 dati ogni secondo. Grazie a questa potenza di fuoco ogni singola transazione dei nostri conti degli italiani verrà esaminata. Ogni versamento, ogni bonifico dovrà avere il suo perché, le sue motivazioni. Questo sarà possibile dal primo gennaio 2012, quando tutti i conti correnti saranno a disposizione del Fisco anche senza accertamenti in corso.

Lo stato (fisco) controlla i conti correnti dei cittadini

E' un passo avanti verso la Repubblica Italiana dei Soviet. I Grandi Evasori non transano sul conto corrente, i Grandi Corruttori non fanno bonifici. Chi ha usufruito dello Scudo Fiscale non ha dato disposizioni alla banca per un versamento di 100 milioni di euro sull'estero.

Chi controlla SERPICO? Quali conti correnti bancari controlla?

Chi si vuole controllare? Il panettiere, il pensionato, l'artigiano, il piccolo imprenditore prossimo suicida perché lo Stato non gli paga le fatture? E quanto ci costa Serpico in uno Stato dove la banda larga è una misura dei pantaloni mentre lo Stato investe in centinaia di nuovi server?

Le transazioni sul nostro conto corrente fotografano la nostra vita: pagamenti per la scuola, per le vacanze, un prestito a un amico, la tessera annuale dei mezzi pubblici, il ristorante sotto casa. Noi e il nostro conto corrente siamo la stessa cosa. Il sapere che la mia identità, di contribuente onesto, è a disposizione di decine o centinaia di persone non mi sta bene. E' violazione della privacy. Chi mi assicura che i miei dati personali non saranno violati? Il rapporto non è più tra me e la mia banca, ma tra me e il Fisco. Si dovrà rendere conto a un funzionario di un bonifico di 1200 euro al proprio zio? Stiamo scivolando lentamente verso il controllo totale della vita dei cittadini. Il motivo addotto è che stiamo per fallire, che dobbiamo salvare l'Italia. Bene!


SERPICO, il sistema di controllo dei contribuenti.

Chi ci ha portato in questa situazione, a partire dai parlamentari, renda pubblico in Rete i movimenti del suo conto corrente degli ultimi cinque anni. Ogni membro di un'amministrazione pubblica che ha indebitato i cittadini restituisca i soldi. C'è poi una domanda da fare. A cosa servono le tasse se i nostri servizi pubblici fanno schifo e quei pochi che funzionano sono falcidiati dai tagli? Se pago voglio essere servito e riverito. Il padrone di questo Paese è il cittadino, non un Governo di banchieri neppure eletto. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?. Noi neppure).

Tratto da: http://www.beppegrillo.it/2011/12/serpico/index.html


   

  
  


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Red Liver Oil Palatant di Kevin Nash per realizzare boilies al pesce.

  

Il Red Liver Supasense Oil Palatant della linea Kevin Nash di additivi per la realizzazione di boilies da carpfishing è un potente olio che nasce da anni di studio nel campo della creazione di prodotti che aiutano gli animali ammalati inducendoli ad alimentarsi anche quando non hanno appetito.

Quindi in generale i Supasens Oil Palatant di Nash servono a potenziare la carica attrattiva delle boilies, fornendo alle carpe un valido sostanziale nutriente che le induce a cercare altre boilies, dopo aver assaggiato la prima, finendo prima o poi, sulla boilie da innesco che le porterà davanti alla nostra macchina fotografica.

L'olio Red Liver di Kevin Nash per realizzare boilies al pesce per carpfishing.

Il Red Liver (Fegato Rosso) Rientra nella lista degli "attrattori" per carpe (noti anche come stimolatori di appetito), con un dosaggio raccomandato dalla stessa NashBait di 3-10 millilitri ogni quattro uova di mix (basato intelligentemente sulle uova e non sulla farina aggiunta in quanto serve a definire il giusto rapporto proteico tra questo potente attrattore e le uova).

Il Red Liver, ha un odore forte a che si mescola bene anche agli aromi al pesce e diventa un ottimo alleato nella realizzazione di boilies al pesce al alto valore nutriente.


   

  
  


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