Pesticidi sul fiume Sacco a Colleferro. Agnelli morti e malformati.

  

Scarico fiume sacco pesticidi.

Colleferro, alle porte di Roma. Come già accaduto per la sindrome di Quirra in cui la moria di persone ed animali è dovuta ad inquinamento ambientale da parte del poligono di tiro per sperimentazione di nuove armi (forse chimiche), nel caso di Colleferro, i pesticidi nelle acque del fiume Sacco, rilevati dalle analisi delle ASL, rivelano valori estremamente sopra la norma, anche nel sangue dei cittadini.

Moria di pecore e animali, e probabilmente anche dei cittadini. Il sindaco di Colleferro dice che è tutto ok, e che la bonifica è in corso.

L'inquinamento del fiume Sacco

Gli allevatori che vivono e lavorano nella valle del Sacco ricorderanno l'anno 2005 come un incubo. Più di sessanta aziende in nove paesi, tra Roma e Frosinone, sono state costrette a vedere distrutti decenni di sacrifici. Colleferro; Gavignano; Segni; Paliano; Anagni; Sgurgola; Morolo; Supino, Ferentino: in questi centri abitati dal mese di maggio del 2005 è stata aperta l'emergenza. Una sostanza altamente tossica per l'uomo, e vietata in Italia già dal 2001, era stata ritrovata in quantità molto sopra ai limiti nel latte dei bovini, nel fieno e nel mais.

Si chiama beta-esaclorocicloesano, è una sostanza derivante dal lindano, un pesticida prodotto diversi anni prima dall'industria di prodotti chimici della zona, che aveva sede proprio nel paese di Colleferro. Da quintali di fusti interrati a Colleferro, nella zona industriale, si sarebbe riversata la pericolosa sostanza oleosa, fino a raggiungere le sponde del fiume.

E poi, da lì, nei campi, nelle coltivazioni, nel latte e sulle tavole degli abitanti della Ciociaria. “Alcuni erano aperti e arrugginiti”, racconta Luigi Mattei. “Scaricavo i fusti nella zona chiamata Arpa, oggi divisa in Arpa 1 e 2. Prima era una zona pianeggiante e paludosa, adesso è una collina. Gli operai scavavano le buche con le ruspe, poi mettevano i fusti. Non venivano neanche saldati”. A queste operazioni Mattei partecipò sin dagli anni sessanta. Negli anni ’90 la scoperta, il processo e la condanna: la Snia fu riconosciuta colpevole per lo smaltimento di rifiuti pericolosi dal tribunale di Velletri con l’obbligo di bonificare il sito.


   

  
  


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