Un abbraccio al grande Marco Turacchi.
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Dopo circa otto anni dall'ultima volta che l'ho incontrato nella redazione di Pesca In a Firenze (rivista di pesca sportiva con cui ho collaborato per diversi anni), vengo a sapere che il grande Marco Turacchi non è più tra l'allegra brigata composta da Riccardo Galigani, Lorenzo Baldi, Mario Molinari e tutti gli altri grandi personaggi del panorama della pesca italiana, ed in particolare della pesca al colpo. Proprio il Marco che leggevo da ragazzo su Pesca In, quando consigliava, a fine lezione di pesca in torrente, anche le migliori ricette come "trote e verdicchio" per cucinare le trote pescate allora nel laghetto di pesca sportiva.
Tifava Roma Marco, anche se so che non era vero, ma a lui piaceva dirmi questo quando eravamo al telefono per questioni di lavoro. Questo è il ricordo che ho, oltre a un viso inconfondibile del bambino che a qualsiasi età portava con se il piacere per le piccole cose, quelle che troppo spesso dimentichiamo.
Cercando in rete trovo Michele Marziani che con poche righe ricorda la passione che Marco sapeva riversare in ogni piccolo attimo della sua vita e la semplicità per le piccole cose, come lo stare insieme tra amici, ma anche la tristezza che non ho avuto modo di conoscere più di tanto, e che a quanto leggo, ha preso il sopravvento.
"Marco Turacchi non c'è più. Di tutti i modi che esistono al mondo per morire ha scelto il più faticoso: se n'è andato da solo, l'ha deciso lui, tra la neve, nelle campagne toscane. Nei luoghi dei funghi e delle trote, delle battute di caccia, delle serate davanti a un bicchiere di vino. Scriveva, bene, molto bene, di pesca e di pesci, Marco, ma anche di caccia e di fucili. Per i pesci l'ho conosciuto. Abbiamo lavorato insieme diversi anni. E nei tempi del lavoro siamo diventati amici perché quello di raccontare è un mestiere un po' così, dove non sai mai dove finisce il lavoro, dove comincia la vita. Così ci si trovava ad andare per trote. O a sentirsi per sapere se erano usciti i funghi o per raccontarsi le rispettive battute. Ci si è persi quando le strade del mestiere ci hanno portato in luoghi diversi. Ma ogni tanto tanto, davvero tanto, ci si incontrava, ci si sentiva, si scambiavano due battute due perché Marco era silenzioso. Non so cosa ci fosse nei silenzi di Marco, come gli sia passata addosso la vita, quando ha deciso che gli era insopportabile. Degli ultimi suoi anni so poco, al telefono ho imparato che si era sposato a giugno. Già, perché Marco, era pure giovane, porca miseria. Non ricordo quanti anni, ma non troppi più di trenta. Era il ragazzo arrivato al giornale portando la sapienza delle cose che sapeva fare: pescare, vivere all'aria aperta, sentire l'odore della natura. Di questo aveva fatto un mestiere. Che importa com'era? Chi era? Mi chiedo scrivendo col groppo alla gola. Importa, eccome. Mica si va via così... Qui si ferma la penna, evitando l'inutile sforzo di capire la morte. Ciao Marco, tanto se c'è un altro mondo ci sono anche le trote. E i funghi. E tu ne trovi più degli altri, lo so.
Michele Marziani"
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