Le due bambine, la gioia e il dolore.
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... continua da "due bambine, il pettirosso e la neve"
Le due bambine, nate e cresciute per un poco nel paesino sperduto tra le montagne, dopo la prima infanzia felice, furono catapultate nel mondo reale e bruscamente risvegliate da quel sogno innocente di una vita fatta di semplici cose, come la neve a Natale e un pettirosso intirizzito da salvare, una cartolina posta in un angolo a fare da sfondo ad un improbabile presepe.
Tutto questo svanì per sempre quando una incurabile malattia si portò via il loro adorato papà. Dissero addio alle due mucche che abitavano la stalla al piano terra della loro abitazione e, raccolte le loro piccole cose in una vecchia valigia, presero il treno che le avrebbe condotte nella grande città, dove da tempo risiedevano i loro parenti.
Le bambine non capirono appieno quale grande tragedia le avesse colpite, ma il loro piccolo mondo era stato completamente stravolto dalle conseguenze di questo evento. Per qualche tempo andarono ospiti qua e là da parenti e compaesani che si erano stabiliti in città, ma nessuno si offrì di aiutare la famigliola superstite e così si rese necessario la ricerca di un luogo ove potessero vivere e studiare mentre la loro mamma avrebbe trovato un lavoro.
Andarono a finire in un orfanatrofio, tra altre cento ragazze e bambine di tutte le età, e con loro grande dolore, oltre ad essere private della presenza della mamma, furono anche divise, a causa della diversa età di ciascuna, in classi diverse.
Si incontravano di tanto in tanto, la piccola aveva tre anni e la grande sei ed era quest'ultima che soffrì maggiormente perchè più consapevole e cosciente della definitiva perdita del loro piccolo mondo.
In quel luogo tutto era smisurato, le camerate contenevano ciascuna 30 bambine, il refettorio 100 persone, le monache erano 30 e non tutte avevano l'atteggiamento giusto per educare delle bambine che già avevano tanto sofferto.
Anzi, alcune erano veramente severe ed arcigne, non avevano alcuna comprensione per le lacrime di quegli esserini sperduti che consideravano numeri, infatti ciascuna di loro ne aveva uno stampigliato sulla divisa e si doveva sempre tenere a mente.
La bambina più piccola aveva un viso paffutello e riuscì ad intenerire una suora che cominciò a mostrarle affetto, pur senza darlo troppo a vedere per non dispiacere alle altre e non generare gelosie.
Ma la piccola non si accorgeva che c'era qualcun altro che vigilava su di lei, era la sorella maggiore, che con grande discrezione controllava che alla piccola non venisse fatto del male.
In quell'istituto vi erano bambine che avevano alle loro spalle famiglie completamente disastrate, situazioni intricatissime e le due bambine si potevano considerare fortunate per essere semplicemente prive del padre. Avevano comunque una madre che lavorava sodo per procurare ogni genere di cose che potevano servire al benessere delle figliolette e, quando le era consentito, partiva dal luogo ove lavorava, per andare a portare cibo e vestiario per le sue bimbe.
La mamma non poteva permettersi una casa, viveva infatti nel luogo ove svolgeva il suo lavoro di cameriera, o presso una famiglia, o in una pensione, finchè non andò a lavorare in un grande albergo nel centro storico della città. Nei periodi delle vacanze, in particolare quelle di Natale, le bambine uscivano dall'istituto per trascorrere le festività presso le famiglie, ma molte ne restavano dentro perchè i genitori non potevano permettersi di averle con loro.
Le due bambine qualche volta riuscirono ad uscire ed allora la mamma le portava a dormire nel grande albergo, nella camera della servitù, di nascosto dai proprietari dell'hotel, trascorrevano il tempo da sole nella stanzetta che dividevano con un'altra cameriera, ma la loro gioia era incontenibile quando potevano uscire da sole e raggiungere attraverso una famosa scalinata, l'abitazione della loro zia più cara, che viveva in una portineria con il marito e due figli.
Faceva la portiera di un signorile palazzo del centro, a due passi dalla via più elegante della città e la portineria era una piccolissima stanza la cui finestra dava sulla strada. Dietro una tenda c'era un letto matrimoniale dove dormivano gli zii ed i figli avevano una brandina che di sera veniva aperta per la notte.
Tutto era così angusto e stretto ma le due sorelline in quel minuscolo nido si sentivano colme di amore e di premure, gli zii erano molto generosi e riuscirono a trasmettere loro tutto il calore della vera famiglia che avevano completamente dimenticato.
Nei giorni che precedevano il Natale andavano per le strade col naso all'insù per vedere le luci e gli addobbi natalizi ed ascoltavano il malinconico suono delle cornamuse che annunciavano il grande sacro evento.
Riprendevano poi la strada per tornare all'albergo, accompagnate dal profumo delle castagne arrosto che venivano vendute ad ogni angolo e, con gli occhi colmi di bellezza sgattaiolavano davanti all'assonnato portiere di notte, più o meno compiacente, che le vedeva passare davanti al bancone con fare furtivo.
Purtroppo le feste di Natale terminavano presto e bisognava tornare nel grigio squallore delle divise, delle preghiere e delle loro occupazioni, perchè tutte ne avevano una.
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