...continua da "Le due bambine ed il ritorno."
Passarono gli anni e le due sorelline diventarono grandi, intorno a loro, nel grande istituto che le accoglieva, si avvicendavano compagne e suore, chi partiva, chi arrivava, ma loro erano sempre lì, in attesa che il loro turno di lasciare il collegio arrivasse.
La loro mamma continuava a prendersi cura delle figlie ma la loro educazione era completamente affidata alle suore e questo non era certo un grande esempio di famiglia tradizionale, inoltre era a loro completamente sconosciuta la figura maschile e per questo motivo, quando raramente accadeva di essere di fronte ad una persona del genere maschile, non avevano idea di come ci si dovesse comportare.
L'educazione che veniva loro impartita era condita con negazioni e fioretti, la regola del silenzio poi, predisponeva le poverine alla timidezza più imbarazzante. Inoltre, per meglio rappresentare la realtà del mondo esterno, le suore insegnavano alle ragazze a stare alla larga dagli uomini, non spiegando bene il perchè.
Erano talmente convincenti che più di una delle educande si convinsero a prendere i voti in modo da evitare per sempre l'impatto terribile del ritorno, salvo poi sciogliere il voto qualche anno dopo, in seguito al pentimento per aver così frettolosamente e vigliaccamente evitato l'inevitabile.
Arrivò così anche per loro il grande addio sebbene lo avessero atteso per lunghi anni, ora che era giunto il momento, non si sentivano più tanto sicure di voler lasciare quella che era stata la loro casa per dieci lunghi anni ma ormai erano abbastanza grandi per poter lasciare il posto ad altre orfanelle.
La loro mamma aveva trovato un appartamento piccolissimo in un seminterrato proprio di fronte all'istituto, per poter consentire alla più piccola di continuare a frequentare la scuola anche da esterna.
Uscirono dal collegio dopo aver salutato tutte le loro compagne con gli occhi gonfi di lacrime, non avendo nessuna idea di ciò che avrebbero trovato al di fuori di quel luogo.
Entrarono nella casetta e, nonostante fosse un seminterrato e molto piccola, ai loro occhi era una reggia, avevano una casa tutta per loro, sprovvista di corridoi e camerate infinite, era quasi un gioco.
Ma molto presto cominciarono a fare i conti con la dura realtà. La più grande doveva trovare un lavoro per contribuire al mantenimento della famiglia, mentre la piccola ancora studiava, ma essendo molto timida e non abituata a rapporti umani soprattutto con il sesso maschile, fu molto difficile per lei riuscire a mantenersi qualsiasi tipo di lavoro le capitasse.
L'unica cosa piacevole della loro vita era sempre là, a molti chilometri di distanza, nel paesino della loro infanzia e nel periodo estivo continuarono ad andarci per trascorrere un mese in assoluta letizia.
Erano ormai abbastanza grandi per provvedere alla conduzione della loro casa e impararono presto anche a cucinare, sotto lo sguardo benevolo di qualche vecchia zia che ogni tanto andava a controllare.
Nelle sere d'estate si ritrovavano in gruppo, dopo cena, per fare una passeggiata al chiarore della luna, e soprattutto nella notte di San Lorenzo, si sdraiavano sul prato a contare le stelle cadenti.
In un paese non molto lontano c'era una pista da ballo all'aperto e qualche volta ci andarono accompagnate da giovani parenti ed amici, quando si riusciva a trovare qualcuno che poteva accompagnarle in macchina.
Era bellissimo stare in mezzo alla gente, circondate dall'affetto e dalla simpatia di tante persone, riuscirono anche a superare la diffidenza dell'abbandono ai vorticosi giri di valzer. Nel mezzo di un ballo subentrava un altro pretendente che reclamava il suo turno e questo poteva generare simpatiche schermaglie tra i giovani, che terminavano sempre con grandi risate.
Nel piccolo paese, a quei tempi molto bigotto, tutto questo andirivieni era mal visto, ma si sa, le due ragazze venivano dalla città e chissà che razza di educazione avevano ricevuto!
Altre volte si riunivano tutti nella grande cucina della loro casa, e armati di bottiglia vuota, si sedevano a terra a giocare al famoso gioco, per poter rimediare qualche bacio o ceffone, o qualche ingenua penitenza.
Ma la mascalzonata più in voga in quegli anni era il furto dei cartocci.
Nel mese di agosto il granturco è nel massimo della sua maturazione e i contadini che non avevano provveduto alla raccolta delle pannocchie, al calar del sole si impensierivano all'idea che in giro ci fossero dei giovani villeggianti.
Ma, regolarmente, il gruppo organizzato colpiva, a costo di aspettare le ore piccole, tanto prima o poi, armati di fucili o no, i proprietari dell'ambito cartoccio sarebbero andati a dormire.
Naturalmente bisognava provvedere pure alla legna per il fuoco ma il sistema era lo stesso.
Il giorno dopo, al nascere dei sospetti da parte dei contadini, i mangiatori di cartocci azzardavano l'ipotesi che fossero stati i cinghiali o il tasso, ma purtroppo non venivano creduti ed allora le minacce fioccavano.
C'è stato anche qualcuno che, vistosi scoperto, ha organizzato una serenata sotto la finestra del contadino con accompagnamento di crostata, rischiando lanci indesiderati dall'alto.
Cominciarono per le due ragazze, le prime emozioni sentimentali, sempre nel rispetto della educazione monastica, il massimo della intraprendenza da parte dei loro ammiratori era ricambiata con furtivi sguardi e sogni ad occhi aperti, nonostante ciò, quando arrivava la mamma per riportarle nella grande città, le malelingue si affrettavano a comunicare alla ignara genitrice, la condotta disdicevole delle sue amate figliole.
A questo punto piovevano rimproveri sulle loro teste, ma consapevoli di essere innocenti, non se ne preoccupavano più di tanto e, salutati gli amici e i cari monti, se ne tornavano alla vita in città.