Tonno ecosostenibile. GreenPeace e il mix DNA dei tonni in scatola.
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Riceviamo la seguente notizia tramite la newsletter di GreenPeace:
Gentile NeverSleep,
a novembre abbiamo condotto dei test DNA sul tonno contenuto in 165 scatolette provenienti da 12 Paesi, europei e non, tra cui l'Italia. Risultati? Una su tre non contiene quello che dovrebbe. Spesso due specie diverse di tonno sono mescolate insieme nella stessa scatoletta, oppure in diverse scatolette di uno stesso prodotto se ne possono trovare di differenti. Alcune, inoltre, contengono specie diverse da quanto indicato in etichetta, e tra le specie inscatolate finiscono anche quelle sovrasfruttate come il tonno obeso.
Questo avviene a causa dell’utilizzo di metodi di pesca poco sostenibili, come le reti a circuizione con FAD (oggetti galleggianti che attirano esemplari giovani di tonno ma anche specie minacciate). È ora che l'industria del tonno in scatola e le grandi catene di distribuzione garantiscano piena trasparenza ai propri consumatori, ripuliscano i loro prodotti e si impegnino a vendere solo tonno pescato in maniera sostenibile.
Leggi l'inchiesta Green Peace sul Tonno ecosostenibile come il Tonno As Do Mar, il primo in cima alla lista dei migliori tonni pescati in modo etico e con la massima disponibilità da parte dell'azienda che li confeziona a rendere pubblici numeri, metodi della pesca al tonno destinata al consumo di massa.
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Confronto tra HTC Desire, HTC Desire HD e Samsung Galaxy S, dal multitouch, alle prestazioni Android.
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Questa non è di certo un'informazione utile. Acquistare cellulari nuovi solo quando se ne ha reale necessità, e non per cambiare e rottamare un oggetto inquinando. Ricordiamo a tal proposito il video LA STORIA DELLE COSE, in cui apprendere quanto ogni acquisto deve essere ponderato in termini di impatto ambientale.
Sono alla ricerca di un cellulare che sostituisca l'N82 con cui sono praticamente impossibilitato anche a leggere una normale e-mail, e la cui navigazione web è pessima, lenta e non adatta al tipo di movimento e lavoro che svolgo.
Avendo escluso i folli prezzi di iphone, e non volendo comprare un samsung galaxy S per motivi di materiali plasticosi shape (forma) non proprio entusiasmante e gratificante per gli occhi, ho navigato qua e là in rete, leggendo pareri e trovando nell'HTC Desire, il fratellino estetico del Google Nexus One, ritirato dal commercio. Ho quindi pensato di acquistare un HTC Desire (non HD). Purtroppo, proprio quando mi sentivo deciso, e non essendo uno di quelli che cambia auto e cellulare ogni anno (sono riuscito a tenere il nokia 8510 per oltre 4 anni) ho trovato il seguente video che mi ha disincentivato ad acquistare il desire:
Htc Desire contro Samsung Galaxy S
Ho anche valutato il fatto che effettivamente non ho bisogno di giocare con il telefono, ma quando si tratta di spendere una volta ogni tanto, forse anche perché non si ha mai tempo di essere attratti dalla frivolezza dell'acquisto, ho deciso di dedicare l'intero pomeriggio alla ricerca del "telefono perfetto".
Differenze del Multitouch tra Samsung Galaxy S e HTC Desire
Continuando a navigare, ho trovato anche questo video, che lascia comprendere la differenza hardware e di funzionamento tra i due cellulari in quanto a multitouch, perfettamente funzionante sul Galaxy S, e rintronato nell'HTC Desire, per non parlare del fatto che il Galaxy S supporta fino a 5 dita riconosciute regolarmente dall'hardware.
Per errore, mi sono imbattuto in un video di comparazione dei telefoni Desire e Desire HD (uno di quei video correlati di youtube posti sulla destra e che spesso ci svoltano la ricerca). Un video di comparazione che nessuno aveva fino ad oggi svolto, e che grazie alla base comune del Tool di benchmark interna ad ANDROID, mi ha chiarito una per tutte la questione. Ho quindi deciso di inserirlo su NeverSleep come suggerimento per coloro che cercassero come me, invano, nella rete un vero supporto per la scelta del telefono giusto.
Il confronto tra HTC Desire, HTC Desire HD e Acer Stream
Il video utilizza una feature del sistema operativo che permette, attraverso alcuni test che sfruttano la cpu e le risorse hardware, di classificare il telefono nella scala qualitativa. Indovinate il risultato? A parte la velocità di accensione del telefono, che sin dai primi fotogrammi del video rende giustizia ad uno dei tre, il risultato finale conferma l'anticipo.
Ed infine quindi la scelta va verso HTC Desire HD, che oltre ad avere uno schermo sensazionale, che si stira ben oltre le dimensioni del piccolo iphone e del leggermente più grande HTC Desire normale (e che a leggere in rete vede migliaia di possessori soddisfatti), sembra godere di performance al top della scala dei dispositivi Android.
Riuscirò a comprarlo? O la spinta ecologica e del "non consumo" mi spingerà ancora per qualche mese a tenere il mio N82, scomodo senza costringermi a trasformarlo in relitto (mai comunque... piuttosto regalarlo a chi lo potrebbe utilizzare come primo telefono)?
News dal mondo del Galaxy
- Il Samsung Google Galaxy Nexus sbarca sul mercato
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Boicottare Amazon, che nega i server a WikiLeaks, mentre Paypal ne vieta il sostegno economico.
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Amazon lascia cadere Wikileaks, e il web insorge
La rete drizza il pelo e riesce a fare quello che nelle democrazie civili non si riesce più a fare a causa dei mezzi di informazione deviati e che controllano la popolazione, rincoglionendola con "amici", "xfactor", "isole e fratelli grandi e famosi". Il potere d'acquisto della rete si manifesta contro le operazioni di bassa etica di Amazon e Paypal. Il primo, colpevole di aver chiuso i server su cui si reggeva il web di Wikileaks, ed il secondo per avere inibito i pagamenti a supporto dell'attività dello staff di Julian Assange. Non sappiamo se il fondatore del web rivelatorio sia colpevole o meno di qualche reato. In teoria la pubblicazione di qualsiasi notizia, sia essa in rete, o su carta, se dimostrata vera, è DIRITTO DI CRONACA.
Se c'è un reato nella storia Wikileaks, è quello di chi ha fatto trapelare le notizie dagli archivi americani. Non a caso ora Julian Assange è ricercato non per la pubblicazione di notizie segrete, ma per accuse di violenza sessuale (ovvio no?).
E allora cosa fa la rete? Si muove. Silenziosa. Lontano dai media tradizionali che in Italia ancora inquadrano un responsabile degli esteri con lo sguardo proiettato verso il futuro e che borbotta farfuglia e mumbla frasi che non hanno né capo né coda.
La rete inventa, si muove, si aggrega intorno a principi etici come quelli della libertà di informazione.
Nascono decine di siti web e gruppi Facebook come "Boicottare Amazon per aver staccato i server Wikileaks":
http://www.facebook.com/pages/Boycott-Amazon-for-Dumping-Wikileaks/174975139187861
È bastata una manciata di ore per far capire ad Amazon che la decisione di "staccare la spina" ai server web di Wikileaks potrebbe costargli qualche milione di dollari. Mercoledì pomeriggio, il gigante statunitense del commercio elettronico ha cacciato il sito di Julian Assange costringendolo ad ore di oscurità prima che Wikileaks trovasse un rimedio, costringendolo ad emigrare in Svizzera. Solo poche ore dopo, su Facebook è stata pubblicata una pagina dal titolo inequivocabile: «Boicottiamo Amazon per aver scaricato Wikileaks». La pagina è stata letteralmente invasa dagli utenti. In poco meno di due giorni sono quasi 6mila le persone di ogni età, genere e origine che hanno mostrato la propria adesione. E molti di loro, senza troppi giri di parole, hanno seguito l’idea iniziale pubblicata sul web: «Chiamare Amazon.com e cancellare il proprio account».
Il Fatto quotidiano intervista un noto hacker, che spiega che le motivazioni addotte da Amazon al blocco di Wikileaks non sono plausibili.
Tratto da Il Fatto Quotidiano, si ragiona su chi sia Assange e chi sia dietro WikiLeaks:
L'haker più famoso d'Italia, Fabio Ghioni: "La violazione del segreto di Stato in America è punita con la pena di morte e se gli Usa volessero veramente l'estradizione di Assange, la otterrebbero senza nessun problema” Nei giorni del cablogate sono numerose le domande che riguardano il caso Wikileaks. Da dove vengono i documenti che stanno arrivando in rete? Sono stati tutti trafugati dal soldato – ora in carcere – Bradley Manning? E chi c’è dietro Julian Assange? Può aver fatto tutto da solo? E ancora: potrà resistere il sito alle prevedibili contromosse informatiche di governi e hacker che non condividono la vision di Wikileaks?
Mentre il cerchio intorno a Julian Assange si stringe – Scotland Yard ha ricevuto ufficialmente dall’autorità svedesi un mandato di arresto per il fondatore di Wikileaks (che si troverebbe nel sud-est dell’Inghilterra ed è accusato da due donne di strupro) – sono queste le domande che dividono gli esperti e alle quali cercano risposte in questi giorni cittadini e governi. Andiamo con ordine, partendo dall’infrastruttura informatica del sito di Assange. Fino a giovedì Wikileaks si appoggiava su server (i computer dove fisicamente sono contenuti i documenti e le pagine web) Amazon. Mentre utilizzava per il suo indirizzo il servizio EveryDNS.net.
Ora non è più così: venerdì mattina il sito di Assange ha avuto un blackout ed è tornato in rete dopo sei ore con un nuovo dominio svizzero. Non era un problema di server. Amazon ha annunciato di non ospitare più Wikileaks – a proposito è già partita una campagna di boicottaggio contro il megastore online -, ma i contenuti del sito sono su una ragnatela “distribuita” di server: se uno viene meno, ecco arrivano gli altri in soccorso (alla stampa risulta che siano due, di cui almeno uno custodito in un bunker inaccessibile e sicuro, ma c’è da scommettere che siano di più). “Distribuire” le informazioni è la tecnica preferita di Assange: “Il nostro archivio – ha spiegato ieri – è stato diffuso a oltre centomila persone. Se ci accade qualcosa, le parti fondamentali saranno rilasciate automaticamente”.
Il blackout di Wikileaks va quindi attribuito al “servizio Dns”. E’ argomento da informatici ma che si può provare a spiegare. Qualsiasi sito, nel mare magnum del web, ha un indirizzo che non è costituito di parole. Il vero indirizzo di www.wikileaks.org, per chiarirci, come qualsiasi altro, ha in realtà un indirizzo IP, composto solo da numeri: 213.251.145.96. E’ poi un apposito servizio, Dns appunto, ad associare poi questo numero ad una stringa di caratteri (se però sulla barra del browser si scrive l’indirizzo numerico ci si riesce a collegare ugualmente al sito).
EveryDNS spiega che “Wikileaks era diventato oggetto di moltissimi attacchi informatici in grado di compromettere il servizio di hosting di tutti e 500mila siti ospitati dal servizio americano”. Per questo è stato sospeso. “Il dominio Wikileaks.org è stato ucciso dagli Usa” ha replicato invece Assange. E probabilmente ha ragione. La versione fornita dall’azienda statunitense infatti non convince neanche gli informatici di casa nostra. “Se fossi un cracker (un demolitore di siti Internet ndr) non mi verrebbe mai in mente di attaccare il sito, ma l’indirizzo Ip. In modo da colpire fisicamente il server e i suoi contenuti”, dice Luca Annunziata di puntoinformatico.it.
Chi proprio non crede alla parabola di Wikileaks è Fabio Ghioni, l’hacker più famoso d’Italia condannato per lo scandalo dei dossier Telecom. Sono almeno tre le cose che secondo Ghioni non tornano: la natura riservata delle notizie diffuse, le dimensioni degli investimenti finanziari necessari e i reati commessi. “La violazione del segreto di Stato in America è punita con la pena di morte e se gli Usa volessero veramente l’estradizione di Assange, la otterrebbero senza nessun problema”. L’ex numero uno del Tiger team di Telecom sostiene che dietro a Wikileaks ci sia qualche servizio segreto. “Per fare un’operazione del genere ci vuole un budget di almeno tre milioni di euro l’anno”. Insomma, secondo lui, qualche barba finta è andata da Assange e gli ha detto: “Ti passo le informazioni riservate, ti do un posto dove metterle, ti copro di milioni e ti garantisco fama e successo ma soprattutto impunità”. Un’offerta difficile da rifiutare.
A sostegno della sua tesi Ghioni cita la storia del soldato Manning. La persona che, secondo gli inquirenti statunitensi, è entrata nel database Siprnet, da cui provengono i cable diplomatici, per poi passarli ad Assange. “Questa è una storia comica. I computer che si possono collegare al sistema sono monitorati costantemente. Dai movimenti del mouse a quello che uno digita sulla tastiera. Ma vi immaginate un soldato che si connette e scarica centinaia di migliaia di dati? – continua Ghioni che a sostegno della sua tesi cita il caso della sicurezza informatica della sua ex azienda – Nei computer connessi alla banca dati di Telecom non puoi inserire neanche una chiavetta usb, non puoi scaricare nessun documento. Vogliamo pensare che i servizi segreti e il dipartimento di Stato americani hanno una policy sulla sicurezza informatica inferiore a quella di Telecom? Non scherziamo”.
Ma sarà proprio così? Il Fatto Quotidiano ha interpellato un informatico italiano molto noto nella comunità hacker internazionale. Pur preferendo rimanere anonimo vista la sua collaborazione con polizie e forze dell’ordine di tutto il mondo, l’hacker definisce “plausibile” la storia di Bradley Manning ( ”Se e’ vero che, come affermato dal Pentagono, il giovane soldato Bradley Manning è dietro alcune delle nostre recenti rivelazioni, allora lui è senza dubbio un eroe senza pari” ha ribadito oggi Assange). “Per ottenere le informazioni pubblicate da Wikileaks – ci dice – violazione informatiche non ce ne sono state. Sono dispacci portati fuori da elementi interni”. Meccanismi di sicurezza possono essere predisposti a protezioni delle informazioni ma, aggiunge l’Hacker, “se sei un interno e sai come funziona, se magari sei anche addetto alla manutenzione, per delle informazioni che non hanno un livello di sicurezza totale, il sistema non è a prova di bomba. L’ipotesi Manning, insomma, sta in piedi”.
Non convince quindi l’ipotesi del complotto? “Il mondo dell’informatica, essendo sconosciuto a più, si presta ad alimentare ipotesi suggestive – ci dice ancora -. Ma non serve un essere un hacker per capire che se qualcuno, servizi segreti o altri, avesse voluto mettere in piedi un complotto, avrebbe dovuto far uscire ben altri documenti. E’ la natura stessa dei documenti pubblicati da Wikileaks, poco incisivi nel merito e caotici nella loro natura, che scredita la tesi del complotto”. Per capire chi degli esperti ha davvero ragione, dobbiamo attendere le prossime mosse di Assange. Quello che è certo è che, per il momento, il caso Wikileaks rappresenta già oggi uno degli snodi cruciali della rivoluzione di Internet. Il libero accesso alle informazioni da parte di fette sempre più larghe (e si spera consapevoli) della popolazione mondiale.
di Federico Mello e Lorenzo Galeazzi
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Palermo, le autoblu del Comune usate come taxi.
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Un paese allo sbando.
Secondo quando emerge dai documenti de Il Fatto Quotidiano, sembra che diverse Escort sono state scortate dall'arma dei carabinieri alle ville dei politici, e che abbiano volato su aerei di stato.
Soldi degli evasori rientrati in italia grazie allo scudo fiscale alla faccia di chi le tasse le ha sempre pagate.
Varie e (magari lo fossero) eventuali.
Comuni sciolti per mafia, parlamentari e senatori ancora sulla "loro" poltrona anche se condannati per concorso esterno in associazione mafiosa... Che poi che significa essere mafiosi dall'esterno? per essere condannati in concorso interno che devono fare? Sparare in prima persona? Se uno sta con i cattivi, anche dall'esterno, sempre con i cattivi sta!
Oggi prendiamo spunto da un articolo de Il Fatto Quotidiano, per rallegrarci con l'ennesimo sperpero di soldi di tutti (i nostri e i tuoi, caro lettore) a beneficio dei soliti.
"Palermo, in Comune le autoblu vengono usate dai politici come taxi Un parco auto che grava sul bilancio per 630mila euro l'anno e assessori con circa 4mila chilometri percorsi in un mese. Il segretario generale del comune di Palermo scoperto mentre si faceva accompagnare dal dentista Ci risiamo. Le autoblu pagate dai contribuenti diventano taxi gratuiti per gli scopi privati dei politici. E stavolta tocca alla Provincia di Palermo. È quanto denuncia un'inchiesta del mensile S che nel numero di dicembre pubblica alcuni fogli di marcia relativi alle circa venti autovetture in servizio a Palazzo Comitini. Un parcoauto che grava sul bilancio per circa 630 mila euro l'anno, più i compensi e le indennità per i 39 autisti."
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Muore Mario Monicelli, regalandoci anche così, un GRANDE finale.
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Se n'è andato un grande! In assoluto è stato quello che più di tutti mi ha fatto ridere, con i suoi film esilaranti. Oltre a I SOLITI IGNOTI molti altri quali L'ARMATA BRANCALEONE, AMICI MIEI e tanto altro ancora. Ha saputo regalarci brani di gioia pura, tanto che regolarmente bisogna rispolverare le videocassette per rituffarsi nella spensieratezza dei tempi andati.
La sua vita lunghissima è stata pienamente vissuta, nella grandezza e nel riconoscimento dei suoi capolavori, perciò non poteva, nell'ultimo atto attendere il compiersi dell'evento, ha voluto dirigere se stesso nella scena finale, con la consapevolezza di essere nel giusto, interrompendo il calvario cui era destinato.
Soltanto chi ha toccato con mano dolori come il suo può comprendere e condividere l'idea di mettere fine ad un percorso di vita ormai colmo di dolore e, a salvaguardia della propria dignità di essere umano, trovare il coraggio di andarsene senza prolungare
l'estenuante, inesorabile progredire del male.
Complimenti Mario, per la tua grandezza, nella vita e nella morte, e per aver voluto scegliere di tornare libero, libero di rifiutare l'accanimento terapeutico e di dare un segnale, comunque, che la vita è bella quando vale la pena di essere vissuta.
Grazie per la collezione di risate che ci hai lasciato.
Mammut
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