Ricordi di Lorenzo Noti, l'amico silenzioso.
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Prosecuzione dell'Ode all'amico scomparso Lorenzo Noti
In questi ultimi giorni, dopo la tua recente scomparsa, mi sono ritrovata a pensare e ricordare il percorso della nostra conoscenza, conoscenza che risale, per ciò che ne sappia io, dal racconto di mia madre, alla mia infanzia, anzi alla mia nascita.
In quel piccolo, stupendo mondo antico che è il nostro paesino, posto ai piedi del Monte Cucco e circondato da un'aureola di splendide montagne, diverse una dall'altra per bellezza e conformazione.
Incastonato nel bel mezzo c'è il Monte Catria, posto lì quasi per sbaglio, come se fosse stato preso in prestito dalle Alpi col suo colore argenteo, dove si posavano i nostri sguardi al tramonto, quando tutto si fa scuro e si delinea la linea di contorno che divide la terra dal cielo.
Il giorno in cui venni al mondo, dovendo necessariamente nascere in casa, come si usava allora, già ti prendesti cura di me, andasti con la tua bicicletta a cercare l'ostetrica, allora chiamata "levatrice" in un paese piuttosto lontano, tanto che al tuo ritorno già tutto era accaduto.
Per molti anni poi, non ti ho più visto a causa del mio forzato soggiorno nella grande città, ma quando tornai, già adolescente, per il periodo estivo, ricordo che mi incuriosivi per il tuo modo di fare. Soprattutto con i bambini, giocavi a fare il "cattivo" con loro, ma loro sapevano che eri tenero e dolce come il miele e ti stuzzicavano per provocare la tua finta ira.
Poi arrivò il periodo più bello, proprio a causa tua, le mie passeggiate solitarie in montagna diventarono escursioni vere e proprie,
i sentieri si animarono di risate e voci squillanti, al nostro passaggio i cinghiali mettevano in fuga le famigliole e tu, con il tuo bastone sempre ben levigato, mettevi in guardia le invisibili, temibili vipere.
Qualche volta mi facevi degli scherzi, per spaventarmi, ma poi tutto finiva in una grande risata. Il nostro era un gruppo eterogeneo, chi veniva dalla città, chi era del posto ma abitava poco lontano, ma quando ci si riuniva eravamo un'unica squadra, felici di esserci ritrovati e vogliosi di prendere la salita. Quando si arrivava in alto e guardavamo giù verso il paese, venivamo sommersi dall'immensità del verde che ci circondava e giù nel mezzo, spuntavano i tetti delle nostre case.
Ma noi puntavamo verso l'alto e, percorrendo il sentiero che di volta in volta sceglievamo, raccontavamo aneddoti degli anni precedenti e giù risate, ma puntualmente i morsi della fame si facevano sentire e la sosta si rendeva necessaria.
Sulla vetta il nostro umore era ormai cambiato, venivamo sopraffatti dalla bellezza dei luoghi, e come misticamente rapiti dall'immensità; allora si dicevano cose insolite, si ricordavano imprese e storie dei nostri avi, abitatori notturni delle grotte e si divagava persino di geologia.
Ricordo che un giorno, eravamo soli tu ed io, percorrendo il costone della montagna, ragionando di ere geologiche e sommovimenti tellurici, ti feci notare che le rocce avevano subito uno spostamento a causa di questi eventi nel corso dei millenni. Tu mi ascoltavi e poi, con il tuo solito fare serio, fermandoti e guardandomi negli occhi mi dicesti: "le vogliamo rigirare tutte?"
Questo eri tu, amico silenzioso, parlando di te con chi non ti conosceva, ti descrivevo come "il mio montanaro preferito" ed eri sempre lì, pronto a raccogliere le nostre sfide.
Ricordo anche di quella volta, alla Valle delle Prigioni, quando passando dentro la condotta dell'acqua, con la coda del cane che ci faceva da scacciamosche ad altezza viso, affannati per il percorso a quattro zampe e dal gran ridere, dicesti: "Sandro fatica come un cane e il cane fatica come Sandro": Già, Sandro è un altro componente della BANDA DEL TAFANO, e con Mariella deteneva il titolo di BELLE GAMBE, se ne facevano un gran vanto.
Non volevo raccontare proprio ora queste cose, tra l'altro le ho già descritte in precedenza, ma non posso fare a meno, quando penso a te, di ricordare quei tempi di felicità assoluta, sei riuscito a far amare la montagna anche al mio compagno di vita, dapprima recalcitrante e poi tra i più entusiasti adepti.
Ho avuto occasione di parlare con i tuoi cari, pensavo che dopo tanti anni di sacrificio a causa della tua malattia, fossero ora liberi di dedicare la loro vita a cose magari più piacevoli, ma non è così. Hai lasciato un vuoto immenso nella loro casa, accudire te non è mai stato per loro un peso e non ti sei mai lamentato della limitazione che ti costringeva all'inattività, chissà quante volte hai dato corso ai ricordi come ho fatto io qui stasera, forse questo ti teneva quieto, l'immagine della bellezza di cui i nostri occhi hanno per molto tempo goduto.
Con affetto,
Elisa
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